E per la seconda volta nella sua storia la legge 283/62, il cui articolo 5 è strumento sanzionatorio fondamentale, schiva l’abrogazione!

Il D. Lgs. n° 27/2021, ci ha infatti riprovato, ma in mancanza di una disciplina sanzionatoria sostitutiva il Governo ha per fortuna provveduto ad un passo indietro “abrogandone l’abrogazione”.” E con questo non intendo dire che ne sono felice ma solo che spero che venga una volta per tutte riformata la materia dei reati alimentari con provvedimenti più coerenti e non improvvisati, come quest’ultimo che ha portato in pochi giorni a tante polemiche inutili, a grande confusione e a varie fake news sui social. Con la dott.ssa Valentina Galli, responsabile dello sportello giuridico di Eurofishmarket abbiamo preferito attendere prima di pubblicare commenti in merito appena è uscito il D.Lgs. 27/2021 vista la delicatezza dell’argomento e soprattutto la “fragilità” del nuovo provvedimento.

Quanto è già costato in termini di risorse pubbliche e private questa “storia”?

Senza volere entrare nei tecnicismi giuridici che lascio a chi di competenza, da Medico Veterinario ribadisco che alcune fattispecie di reato previste nella L. 283/62 sarebbero da depenalizzare, ma è auspicabile che questo venga fatto in modo ordinato e chiaro senza lasciare vuoti di tutela.

Dunque sarebbe opportuno che il Ministero della Salute andasse a creare una Commissione ad hoc per analizzare ad una ad una le ipotesi di reato previste dalla L. 283/62 e determinare cosa sia il caso di continuare a tutelare attraverso un reato contravvenzionale, cosa sia invece sufficientemente coperto dai reati dolosi previsti dal codice penale, e le fattispecie minori per cui sia sufficiente l’illecito amministrativo.

Un caso di studio. Per questo ci tengo a riportarvi di seguito, a titolo di esempio, uno dei tanti casi pratici attinenti al tema suddetto, che ho riaffrontato più volte in questi vent’anni di attività ispettiva e che riguarda l’Anisakis. Il caso è stato anche  oggetto di diversi procedimenti penali ai quali ho partecipato in qualità di consulente o perito di parte e del quale si è ampiamente trattato in un lungo dossier dedicato a questo tema sul periodico Eurofishmarket.

A tale proposito è a mio parere esaustivo quanto premesso dalla Dott.ssa Galli in quest’ultimo: “Le condotte di impiego, vendita, detenzione per la vendita, somministrazione come mercede, e distribuzione al consumo di sostanze alimentari “invase da parassiti”, configurano una delle ipotesi contravvenzionali previste dalla lettera d) dell’articolo 5 della Legge n° 283/1962. Il termine “invasione”, data la sua ambiguità, ha generato due filoni interpretativi: secondo il primo sarebbe richiesta la presenza di un congruo numero di parassiti per il configurarsi del reato; il secondo, invece, attribuisce al termine un significato più generico ed indeterminato, e sostiene che non siano richieste determinate percentuali quantitative per l’integrazione della lettera d)[1]. Dalla quantità dei parassiti presenti dipenderebbe l’applicabilità dell’ipotesi dell’insudiciamento, se pochi, e dell’invasione, se molti[2]. L’ipotesi di invasione da parassiti è punita a prescindere dalla nocività della sostanza alimentare. Infatti, la fattispecie in questione è reato di pericolo presunto, nel prevedere il quale il legislatore ha ritenuto intrinsecamente pericolosa per la salute l’ipotesi d’invasione.”

C’è sempre stato e sempre ci sarà nella maggior parte delle aree marine ed in numerosissime specie ittiche di tutto il mondo. Dunque l’unica possibilità, se vogliamo continuare a consumare tranquillamente i prodotti ittici, è seguire le indicazioni dettate già da anni dalla specifica normativa in materia, che nell’ultimo anno è stata anche incrementata a livello nazionale per quanto riguarda gli obblighi informativi nei confronti del consumatore finale. Difatti l’unica vera soluzione possibile per alcuni agenti di potenziale pericolo per il consumatore potrà essere solo affrontarli attraverso una mirata analisi del rischio da parte degli organi di controllo pubblici e privati ed una campagna di informazione adeguata rispetto al consumatore finale. In Italia è sanzionato penalmente il semplice rinvenimento del parassita anche se morto e quindi effettivamente inoffensivo. Eurofishmarket sta effettuando uno studio preliminare utile a verificare quanti siano stati in Italia negli ultimi anni i procedimenti penali per immissione al consumo di prodotti ittici invasi da parassiti del genere Anisakis e quali siano stati i relativi esiti. I primi risultati dell’indagine mostrano che in molti casi il processo si conclude con pronuncia di assoluzione o perché l’imputato riesce a discolparsi provando di aver adempiuto agli obblighi imposti dalla norma nei procedimenti ex art. 5 L. 283/62 o perché non è provata la nocività del parassita nel caso concreto in quelli di cui all’art. 444 c.p.; qualora invece si giunga a sentenza di condanna la stessa applica quasi sempre la sanzione dell’ammenda in luogo di quella della reclusione; infine, spesso il processo non ha affatto luogo poiché l’accusato non si oppone al decreto penale di condanna (probabilmente perché non vuole affrontare i lunghi tempi processuali ed il costo delle spese legali). Non va poi trascurato l’eventuale danno di immagine che talvolta le aziende private subiscono finendo sui giornali prima ancora di essere state giudicate.

Per tornare alle considerazioni precedenti in merito alla 283/62 e per il caso in questione relativo all’Anisakis dunque quel che si auspica è se non la depenalizzazione di tale fattispecie, quanto meno la sua interpretazione in linea con il diritto comunitario che vieta l’immissione al consumo dei prodotti della pesca “manifestamente infestati da parassiti”.

A tale proposito, aggiunge la Dott.ssa Galli: “Probabilmente il carattere di rigidità del diritto penale mal si presta alla tutela della salute pubblica nei confronti di un parassita come l’Anisakis la cui assenza non può essere garantita al 100% neanche  da parte dell’operatore più accorto. E’ vero che la responsabilità per l’ipotesi di reato di cui alla lettera d) dell’articolo 5 della Legge n° 283/1962 potrà essere esclusa, per in configurabilità dell’elemento soggettivo, nel caso in cui “l’imputato provi di aver fatto quanto poteva per osservare la legge per cui nessun rimprovero può essergli mosso” (Cass. pen. Sez. VI, n° 12459 del 24-12-1985). Quindi, nel caso in questione, l’operatore dovrà dimostrare di aver eseguito il controllo visivo in conformità alle modalità specificate dal Reg. 2074/2005. Tuttavia tale eventuale liberazione dalla responsabilità avverrà al termine di un procedimento penale che graverà l’operatore per un’ ipotesi la cui probabilità di verificazione è particolarmente elevata, dato il carattere ubiquitario del parassita in questione”.

Potrei portare altri numerosi casi sui quali discutere e non mancherò di farlo in ulteriori interventi su questo blog affrontando ad esempio gli argomenti su “Norovirus”, “metalli pesanti”, “additivi”, ecc, ecc.

Invito tutti gli interessati ad approfondire quanto ho riportato riguardo al “caso Anisakis” anche a leggere il mio redazionale sul numero 21 di Eurofishmarket nel quale è contenuto anche un approfondito dossier sull’Anisakis.

Alla prossima abrogazione…ohps…pubblicazione e scrivetemi i vostri commenti ed esperienze in merito.

 

Valentina Tepedino

Medico veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico

https://www.eurofishmarket-magazine.com/prodotto/efm-21-magazine-completo/

[1] Aversano F., Pacileo V., op. cit., p. 211; Correra C., Prodotti alimentari. Sicurezza, igiene e qualità, Rimini, 1998; secondo cui: <<si deve riscontrare la presenza di un numero di parassiti tale da ravvisare l’”invasione” (naturalmente, però, se per la particolare natura del prodotto la situazione di pericolo per la salute può insorgere anche con una limitata presenza di parassiti allora sarà ugualmente possibile invocare l’applicazione della lettera d), sia pure con riferimento ad altra ipotesi in essa considerata. Quella della sostanza “comunque nociva”)>>.

2 Palazzo, Paliero, op. cit., p.27.