Sul sito e sul quotidiano “La Repubblica” è stata  pubblicata un’inchiesta sulla corsa all’oro rosso del Mediterraneo ossia al Tonno rosso intitolata “La guerra del tonno rosso”. Questo approfondimento affronta il delicato tema della risorsa di questa specie, delle sue contraddizioni, della pesca legale e illegale, dei rischi ma anche dei benefici reali e potenziali legati al suo mercato. Per i non addetti al settore questo servizio di La Repubblica sarà utile a comprendere meglio la complessità del mercato di questo prodotto e spero che contribuisca a scuotere con più forza le coscienze degli addetti e non addetti al settore al fine di riorganizzare meglio questo mercato per renderlo più trasparente, produttivo e positivo.

Nell’inchiesta su La Repubblica vengo intervistata in merito al falso tonno rosso o meglio al falso “rosso tonno” ed è proprio di quest’ultima frode dunque che scriverò di seguito per fornirvi alcuni particolari approfondimenti.

C’è Tonno e tonno…

Tra tutte le specie che appartengono alla famiglia di quelli che erroneamente chiamiamo in modo indistinto “tonno” solo il “Tonno rosso” e l’“Alalunga” possono vivere anche nel Mediterraneo nostrano e dunque sia il Tonno a Pinne Gialle che il Tonno Obeso non possono essere etichettate come “nostrane” perché non vivono nelle nostre acque. In Italia vengono commercializzate infatti da anni principalmente diverse specie ittiche del genere “Thunnus” ma l’unica che, per legge, può avere la denominazione obbligatoria di “Tonno rosso” o “Tonno” è la specie ittica con la denominazione scientifica di Thunnus Thynnus. Questa sulla specie ittica è solo una premessa utile a rendere chiaro al lettore che il “tonno” principalmente coinvolto nella frode di seguito indicata è il Tonno a pinne gialle.

L’UE richiama tutti gli stakeholders all’attenzione in merito ai trattamenti illeciti sul “tonno”

Sembra solo di ieri, invece risale già al 25/10/2016, una nota della Commissione Europea indirizzata agli stakeholders  che operano a livello comunitario, che li spronava ad essere più attenti ed evitare le pratiche illegali di additivazione delle carni di tonno a pinne gialle con nitrati e nitriti allo scopo di mantenere nel tempo il colore rosso tipico della specie. Occorre precisare come già in precedenza erano stati  utilizzati illegalmente additivi con le stesse finalità, ma senza la potenziale pericolosità per la salute umana attribuita invece ai nitrati e nitriti.

A seguito di questa nota scrissi quattro anni fa diversi articoli e grazie alla collaborazione con la Società di Medicina Veterinaria Preventiva fu realizzato un gruppo di lavoro con Eurofishmarket, il Movimento di Difesa del Cittadino, il Movimento Italiano Casalinghe e Federcoopesca per lanciare la petizione “ Se una sostanza cambia l’aspetto del prodotto ittico devo saperlo?” mirata a trovare soluzioni oggettive per abbattere la concorrenza sleale del tonno non regolare e indirizzata a tutti i principali Ministeri di competenza. Purtroppo le adesioni alla stessa hanno a malapena superato le mille firme e nonostante alcuni interessanti e incoraggianti commenti da parte dei firmatari è poi mancato il vero supporto e interesse da parte delle Istituzioni interpellate e della maggioranza degli operatori della filiera. Questo dimostra, a mio parere, che il consumatore non è ancora cosciente rispetto a questo argomento e dunque questo porta al fatto che non sia neppure preparato a fare la sua scelta in pescheria o al ristorante in modo consapevole. Sicuramente la colpa principale resta degli Organi di riferimento istituzionale che oltre a non informare adeguatamente in merito non hanno ancora fornito agli Organi addetti al controllo gli strumenti utili ad effettuarli. In mancanza di controlli ufficiali efficaci su quelli che sono sicuramente gli additivi illegali più utilizzati per questa specie e ad altro ha però la sua parte di colpa anche il settore della grande distribuzione organizzata e dell’HORECA che, salvo casi isolati, si è accomodata in una posizione di  virtuale impotenza quando invece potrebbe fare rete e contestare queste frodi attraverso l’utilizzo di indagini utili a valutare con più chiarezza la reale natura del prodotto che acquistano. Certo questa battaglia andrebbe svolta tutti uniti onde evitare che il furbetto di turno si trovi a commercializzare poi un tonno più volte decongelato e additivato illegalmente meno caro e apparentemente più bello degli altri naturali ma meno attraenti e più costosi.

Dal Monossido di carbonio ai nitrati…per un rosso che più rosso non si può

Già dal 2004, anno di costituzione della Eurofishmarket, avevo partecipato ad un progetto con l’Università di Padova per sondare in Italia la commercializzazione di tranci di tonno a pinne gialle con colorazione anomala. Inizialmente l’additivazione era soprattutto attribuita all’utilizzo illecito del monossido di carbonio, vietato come additivo in tutta la UE pur con alcune eccezioni e con tentativi di utilizzo mediante una speciale tecnica di affumicatura a freddo.

Negli anni a seguire, alcuni studi scientifici hanno dimostrato una certa possibile naturale presenza del monossido di carbonio nel pesce. Per questo la nota del Ministero della Salute n. 10811 del 30/03/2012 raccomandava agli organismi di controllo competenti di segnalare la non conformità del prodotto solo laddove il valore di monossido di carbonio riscontrato fosse stata superiore a 200 ng/g (µg/Kg) (in linea con le indicazioni della DG SANCO – RASFF). Tuttavia il prodotto era considerato sospetto di trattamento in caso di riscontro di monossido tra 50 e 200 ng/g (µg/Kg). Pertanto, nonostante il prodotto dovesse essere considerato conforme se entro i suddetti limiti, la nota consigliava agli organismi di controllo competenti di prestare particolare attenzione allo stabilimento di produzione per eventuali controlli successivi.  Purtroppo il Ministero della Salute con la Nota n. 0020934 del 09/02/2014 ha comunicato l’invalidità ufficiale del metodo precedente e anche che non c’erano metodi analitici validati a livello comunitario in grado di determinare quantitativamente il monossido di carbonio e/o distinguere il monossido naturalmente presente da quello utilizzato nel trattamento illecito. Pertanto suddetta Circolare ha richiesto agli organi di controllo di non effettuare più campionamenti di prodotti ittici per la determinazione di monossido.

Quanto suddetto ha comportato la scomparsa di un controllo pubblico riguardo al monossido di carbonio e dunque ad un aumento in commercio di tonno a pinne gialle trattato e commercializzato senza alcun problema. Eurofishmarket ha rilevato infatti negli anni, attraverso le sue normali attività di consulenza e monitoraggio del mercato, svolto su tutto il territorio nazionale, la presenza di tonno a pinne gialle con colorazione spesso anomala e soprattutto con una colorazione “resistente” alla normale ossidazione all’esposizione all’aria. La maggioranza dei grossisti e dei distributori hanno preferito, alla verifica del prodotto riguardo al monossido in autocontrollo, limitarsi ad una autodichiarazione riguardo l ‘assenza dello stesso.

Un dato non esaustivo ma comunque significativo lo è anche l’andamento delle allerte in merito al riscontro del monossido di carbonio in Europa dal 2013 al 2015. Sono circa 35 allerte per monossido di carbonio nel 2013 che diventano 7 nel 2014 (anno di uscita della circolare in allegato ) e zero nel 2015.  Il dato è eclatante ma non dimostra la fine dell’utilizzo del monossido nel tonno quanto semplicemente la fine dei controlli in merito.

Per quanto riguarda ulteriori indagini del gruppo di lavoro di Eurofishmarket sono significative a nostro parere quelle effettuate per ricercare i nitrati. Queste ultime dimostrano che, quando si facevano più controlli per il monossido, veniva commercializzato più tonno a pinne gialle con nitrati e nitriti. Infatti, da indagini analitiche condotte su ben 22 punti vendita rappresentativi della maggioranza delle insegne della distribuzione italiana e non solo effettuati in 3 città differenti, sono stati riscontrati valori di nitrato sospetti poiché ben oltre quelli definiti come naturali (naturalmente presenti nel prodotto) dai pochi studi scientifici oggi esistenti in merito.

Altra strategia riscontrata per la colorazione del tonno pinne gialle è l’inserimento nel prodotto e           (solo a volte) nell’etichetta dello stesso come ingrediente la dicitura di “ succo di rapa rossa” ( che non è  l’ additivo “rosso di barbabietola, betanina” che è lecito utilizzare solo nella pasta di pesce e crostacei)  o di “lattuga” . Questi ingredienti in realtà sono utilizzati, a mio parere, per nascondere soprattutto l’aggiunta di nitriti e nitrati. Il problema è che da anni vengono tollerate queste informazioni.

Cosa fare?

A mio parere una azienda seria dovrebbe almeno in autocontrollo darsi o rifarsi a dei limiti rispetto alle sostanze suddette al fine di evitare di incorrere in questo tipo di criticità. E inoltre sarebbe molto utile che facessero gruppo, rete partecipando in modo sentito a petizioni come quella lanciata da eurofishmarket -SIVeMeP in merito alla raccolta firme per rendere obbligatoria la dichiarazione in etichetta dell’utilizzo di coadiuvanti tecnologici ma anche per la ricerca di metodiche analitiche o la creazione di standard specie specifici utili ad individuare le principali frodi in commercio in materia di additivazione. Soprattutto se queste ultime vanno a rendere migliore l’aspetto del prodotto o a farlo pesare di più.

I principali pericoli da tonno additivato per la salute e per il mercato

Le additivazioni non consentite e non dichiarate non sono solo illegali ma soprattutto rappresentano una criticità che turba fortemente il mercato dei produttori sia di tranci di tonno a pinne gialle non trattato ma anche di tonno rosso naturale. I produttori onesti e che non fanno trattamenti di questo tipo rispettando la normativa propongono un prodotto meno accattivante, più costoso, con minore shelf life e dunque meno competitivo sul mercato e sono destinati ad essere soggetti a concorrenza sleale.

Inoltre il consumatore, da anni abituato ormai a questo tipo di prodotto “modificato”, non è praticamente più in grado di distinguere tra quello trattato e quello naturale e preferisce spesso il trattato perché apparentemente più bello a livello estetico per una colorazione sempre accattivante anche a fronte di shelf life molto lunghe.

Dunque urge da parte delle istituzioni maggiore attenzione a questo tipo di problema non solo per quanto riguarda la qualità igienico sanitaria del prodotto ma anche per quanto riguarda la qualità intrinseca del prodotto stesso ossia per il suo valore nutrizionale e sensoriale.

Se per quanto riguarda i prodotti additivati con monossido non c’è un rischio sanitario diretto per il consumatore e non è neppure stata dimostrata una relazione diretta tra additivazione con  monossido e presenza o sviluppo di istamina, per quanto riguarda i prodotti trattati con nitriti e nitrati invece la situazione è ben diversa. Il nitrato di sodio (E251) ed il nitrato di potassio (E252), sostanze ben note e largamente utilizzate nel settore dei prodotti a base di carne, particolarmente ni salumi, vengono impiegati anche negli alimenti a base di prodotti ittici, limitatamente alle aringhe ed agli spratti marinati. La loro dimostrata tossicità, per la formazione di N-alchil-nitrosammine, sostanze cancerogene, non ne giustifica però l’utilizzo indiscriminato.

Premesso appunto che questo trattamento è vietato cosa stiamo mangiando?

Il consumo di pesce sta aumentando in Italia soprattutto in seguito alle raccomandazioni al suo consumo da parte dei medici per le sue specifiche caratteristiche nutrizionali in generale ma in realtà si sa davvero troppo poco sui reali profili nutrizionali di tutte le centinaia di specie ittiche commercializzate e soprattutto non si sa nulla su quelle trattate come le suddette. Difatti i prodotti ittici trattati illecitamente sono realizzati non seguendo i normali standard di buona prassi igienica poiché chiaramente questi trattamenti non solo non possono essere dichiarati in etichetta ma vengono effettuati senza alcun rispetto di una prassi HACCP per il semplice fatto che sono illeciti. Spesso nelle attività di monitoraggio condotte durante la mia esperienza professionale ho riscontrato l’effettuarsi delle pratiche di additivazione durante la notte ed in luoghi non conformi e da personale non regolare. Dunque il rischio sanitario può derivare anche dalla mancanza di un controllo o del rispetto di un piano di autocontrollo sul flusso produttivo dello specifico prodotto. Ultimissima considerazione è quella che i tranci trattati con additivi utili a farli apparire di una colorazione più accattivante tra l’altro “sempre rossa” (nel senso che non si attenua con l’esposizione ed i giorni di vita commerciale) possono poi ritrovarsi in commercio o nei ristoranti anche dopo 20 gg. Anche se non si fossero sviluppati problemi sanitari di sicuro questo tipo di prodotti comincia ad avere al palato un sentore sgradevole ed una consistenza differente.

Dunque una buona responsabilità va attribuita, a mio parere, proprio a molti distributori finali poiché è da tempo che sia ai compratori che ai responsabili qualità delle differenti catene del retail viene esposto questo rischio in merito a questo tipo di prodotto. Il prezzo molto basso e la lunga durata, almeno apparente, dello stesso hanno però ad oggi avuto la meglio a discapito della lealtà del mercato, della trasparenza al consumatore finale, della sicurezza igienico sanitaria e della qualità intrinseca del prodotto. Eurofishmarket, già dal 2004, ha pubblicato e denunciato sul proprio sito questo tipo di illeciti e negli anni successivi si è mossa fornendo e facendo indagini, ricerche, studi e interrogazioni in merito e numerosi incontri informativi sul tema. Del 2016 è invece la petizione lanciata e poi rilanciata ai Ministeri di competenza in collaborazione con il SIVeMeP, Federcoopesca, MOICA e MDC.

Si spera che questa maggiore sensibilità del consumatore a fare acquisti sempre più consapevoli e anche i servizi di approfondimento come quello pubblicato oggi su La Repubblica siano di impulso agli operatori affinchè siano più attenti al tonno trattato con queste sostanze e alle Istituzioni affinchè si impegnino nella validazione e/o la creazione di metodiche e standard specie specifici utili allo scopo al fine di ripristinare un controllo ufficiale in merito.

Spero di leggere anche sui social i vostri commenti e suggerimenti in merito e vi terrò aggiornati sulla nuova petizione che sta preparando Eurofishmarket con i suoi partner tra i quali spero siano numerosi quelli della GDO e dell’HORECA.

 

Valentina Tepedino

Medico veterinario specializzata in prodotti ittici. Direttore del periodico Eurofishmarket, referente nazionale della SIMeVeP per il settore ittico e docente a contratto presso l’Università di Medicina Veterinaria di Bologna